Le arance della Reggia di Caserta: tra sostenibilità e funzione sociale

Quando Carlo di Borbone ordinò a Vanvitelli di progettare la Reggia di Caserta, sicuramente non doveva badare a spese e nemmeno alla sostenibilità. Il suo unico obiettivo era competere con gli altri sovrani europei. Con questa idea, Vanvitelli trasformò i 120 ettari di superficie del Parco Reale in 3 km di meraviglia (per ripercorrerli insieme vai qui). Nel suo disegno, Vanvitelli, oltre a fontane, statue, piante scelte con attenzione, inserì anche circa 300 alberi di arance, il cui colore era forse la tonalità più indicata tra tutto quel verde. Risultato: secoli di splendore e…arance cadute. 

Se Vanvitelli non poteva pensare ad un progetto sostenibile a suo tempo, oggi qualcosa doveva essere sicuramente rivalutata. Per questo motivo, grazie ad un accordo tra la Reggia di Caserta e la cooperativa sociale E.V.A., migliaia e migliaia di arance che sarebbero cadute senza essere mai mangiate, diventeranno marmellata.

Vanvitelli sarebbe fiero di questo impegno che adegua le sue scelte passate al presente ed inserisce la Reggia di Caserta tra le realtà legate ad una visione di economia circolare finalizzata al “no waste”. Le arance, al di là della funzione decorativa, hanno adesso una nuova importante funzione all’interno di un sistema sostenibile

Le arance, oltre ad avere un ruolo nello sviluppo sostenibile, hanno anche un valore sociale. Questo perchè a raccoglierle sono donne occupate nel laboratorio di confetture  “Le ghiottonerie di Casa Lorena” un centro antiviolenza che aiuta donne che si sono liberate dalla violenza ad essere autonome e reinserirsi nel mondo del lavoro.

Se avrai la fortuna di ammirare il Parco Reale della Reggia di Caserta, oltre a restare a bocca aperta per la sua immensa bellezza, potrai osservare tutto con maggiore consapevolezza di quanto sia importante tutto quel verde, e di come è altrettanto importante preservarlo e prendersene cura. Solo così, le generazioni future potranno continuare a stupirsi e..ad assaporare la “marmellata del re”.

roberta

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